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Giocare con il cibo, addobbare il piatto e raccontare storie
Capita che i bambini siano golosoni ma capita anche che siano inappetenti.
Giocano col cibo, strascicano la roba nel piatto, la spezzettano, mangiano un pezzettino, si puliscono la bocca col tovagliolo e ricominciano a contare i pezzetti di cibo nel piatto.
Non di rado chi ha preparato il cibo perde la pazienza verso tanta manifesta ingratitudine e una lite familiare ha inizio.
Io non sono mai stata inappetente, ma ho visto la mia mamma, ora nonna, spesso all'opera con i miei figli o con qualche altro bambino che non aveva voglia di mangiare. Lei è una vera specialista, non si arrabbia mai e riesce a far mangiare qualcosa a chiunque. Ho cercato di osservare i suoi trucchi.
Il cibo viene sempre presentato in quantità minime nel piatto per evitare "l'effetto disgusto".
Se si può si arreda il piatto presentando il cibo in modo che sia "a forma di", cioè polpette a forma di pesciolino o di tartaruga, oppure uno spiedino collana con i pezzetti infilati in un filo (con l'ago da lana e lo spago alimentare), oppure anche normali spiedini ma molto colorati, oppure si compone nel piatto una figura , una faccia (come nella figura) o una macchinina.
A questo punto inizia la parte recitata, quella per la quale ci vuole una nonna o comunque non qualcuno che abbia lavorato otto ore.
Il primo gioco consiste in quello che (ho letto) gli psicologi chiamano la prescrizione del sintomo:
si proibisce al bambino di mangiare.....- Guai a te se mangi!!!!
Il bambino capisce che la cosa è ironica ma cerca subito di impegnarsi a disubbidire.
Ad ogni boccone messo in bocca si lancia un grido simulato come si fosse scoperta una terribile birichinata. L'arrabbiatura giocosa simula un crescendo via via che il piatto si svuota. Si può anche fare finta di distrarsi ed allora il bambino cercherà di mettere il boccone in bocca mentre l'altro non lo vede. Sembra strano ma ancora a sei sette anni il gioco può piacere ancora.
Il secondo gioco è un po' più cruento e si gioca con un piatto addobbato come in figura, cioè gli alimenti sono disposti a creare una faccia.
Quando il bambino addenta qualcosa si fa finta che abbia addentato la persona che gli sta dando da mangiare.

Se il bambino mangia un occhio, nel nostro caso la nonna, grida : "Ahi Ahi!!!", e chiude l'occhio che non ha più.
Stessa cosa con l'altro occhio, e poi via, ci si tiene l'orecchio che è stato morsicato e così via. In genere, se si sa recitare bene, e se si ha sufficiente senso dell'umorismo, il bambino ride a crepapelle e si dimentica della sua inappetenza.

Naturalmente è proibito giocare questo gioco se l'idea di questo "gioco cannibale" vi impressiona anche solo un po', altrimenti "Buon Appetito!" .

In Toscana, dove vivo, nella tradizione ci sono molti giochi con i bambini in cui si "gioca al cannibale", a volte il bambino è colui che viene mangiato, a volte è quello che mangia.
Mi ricordo il gioco che faceva mio nonno in cui io ero la pasta del pane e venivo abbondantemente "impastata" prima di essere messa in forno e cotta.
Forse qualche psicologo potrebbe spiegare il significato di questi giochi cannibali.

A questo proposito vi consiglio un librino di poesie della serie "Mille Lire Stampa Alternativa" (chissà se ora gli avranno cambiato nome), che si intitola "Mamma Cannibale, Ricettine per gustarsi una bambina piccola" di Letizia Cella ed è pieno di filastrocche sul tema.
Ve ne riporto una:

La mia bimba è un demonio
la preparo in pinzimonio.
La ritaglio in bei filetti,
ma i ditini son perfetti
e li intingo ad uno ad uno
in un poco d'olio buono.
Hanno già il formato giusto
e li mangio con gran gusto.
Senza tanti complimenti
li finisco tutti e venti.

12 giugno 2003